Eleonora Zaccaria (anno 2012)
LA MASCHERA E /E’ LA VERITA’
“Ogni uomo mente, ma dategli una maschera e sarà sincero” (Oscar Wilde)
Nella sua ultima ricerca stilistica, Berardino Totaro ci parla da uno “Studiolo” rinascimentale ed in queste atmosfere ambienta il suo discorso pittorico-iconografico, umanistico, sociale e concettuale.
Ogni tavola, finemente dipinta e dal tratto grafico particolarmente certosino, avvolge l’osservatore in atmosfere spiccatamente dechirichiane: narrazioni pittoriche in cui l’elemento dominante è la Maschera.
Le Maschere di Totaro sono oggetti muti che osservano.
Il loro mondo è condiviso con statue, giocattoli, chimere, libri, scacchi: un immaginario pittorico costituito da presenze metafisiche vissute, che aleggiano sospese in dimensioni senza tempo eppure contemporanee.
Queste Maschere sono rappresentate su una scena e, dal palcoscenico, recitano dialoghi impossibili da racchiudere nella convenzione del parlato.
L’osservatore può salire sul palcoscenico e partecipare al dialogo, come in uno psicodramma.
Sì, perché queste Maschere rimandano ad una “lettura” psicoanalitica della realtà, come “personaggi in cerca di autore” e ci conducono in scenari strettamente legati alla sfera dell’inconscio di ognuno di noi, dove le contraddizioni nascono e si combinano, nel tentativo di trovare un equilibrio.
Accanto a questa dimensione psicologica, la pittura di Totaro vuole, consapevolmente, essere una pittura di denuncia sociale e, se vogliamo, “politica”, una pittura che, attraverso la Maschera, smaschera e mette a nudo la Verità, liberandola dai panni sontuosi e paludati dell’ipocrisia.
La sua indagine “intravede” oltre l’apparenza e diventa analisi rigorosa dell’animo umano.
Il dolore dell’altro smaschera l’indifferente; l’amore è costretto a confrontarsi con l’impossibilità di amare; l’ironia denuncia l’ipocrisia della verità formale; il desiderio di sapere minacciato dal narcisismo del “sapiente”, la violenza del Potere che legittima un sistema sociale tendenzialmente ingiusto.
In fondo queste Maschere siamo tutti noi; esse denunciano la voglia e la fatica di vivere, e, senza cadere in un pessimismo senza rimedio, mantengono viva la voglia di confrontarsi, di comprendere, di guardare con interesse alla realtà umana con tutte le sue sfumature, senza sfuggirla e senza temerla, fino alla sfida ultima.
Alla fine di questo percorso, permane il piacevole godimento di una pittura ispirata e costruita sul concetto di arte umanistica, dove l’Artista unisce, a temi contemporanei, riferimenti della classicità che non si riducono a semplici citazioni rappresentative, ma vengono integrati nel suo discorso personale specifico, che mantiene un significato autonomo, concettuale ed universale.