michele urrasio (anno 2003)
“GIOCHI NEL VENTO”
Solidità ed evanescenza sono i termini della pittura di Berardino Totaro. Due termini opposti nell’idea, nella radice etimologica, ma in grado di convivere in queste visioni con armonia, senza forzature.
L’abbraccio delle case, di chiara linea geometrica, suggerisce il senso di coesione, di unione, di intimo intreccio di forme e di confidenze.
Eppure, osservando attentamente, esso è dimensionato al rispetto dell’intimità e alla salvaguardia della privacy.
Ne fanno fede le rare aperture che, pur invitando allo scandaglio oltre le facciate, raccolgono nel loro spazio una discrezione che favorisce l’ascolto e non la visione, la percezione e non la testimonianza.
Coesione di case, di muri, di torri. Ma anche e soprattutto esortazione alla scoperta di un mondo pittorico più meditato. Ci sembra che Totaro in queste opere abbia fatto un salto di qualità: non negavano un proprio fascino le visioni caratterizzate da echi e architetture medioevali, ma le recenti composizioni tentano di liberarsi dai retaggi memoriali e dal fascino del passato, per acquisire un volto nuovo, una inedita dimensione.
Paesaggi dal lieve sapore metafisico. Sorgono per lo più su alture, protetti dagli spalti che discendono su indizi di pianura. Non conoscono, essi, la fragilità e la malinconia del Tavoliere e sembrano ignorare il passo dell’uomo che ne ravvivi il silenzio. Ma l’immobilità e l’abbandono sono solo apparenti, che è la presenza degli alberi stretti alla loro ombra e la paziente attesa della bicicletta ad attestare un’attività sopita e mai spenta.
Più esplicite sono le figure caratteristiche che colorano il rimando a nuove intuizioni: donne che viaggiano sul filo del desiderio; aquiloni alimentati dal respiro umano; insegne cariche di eventi e di speranze.
Una pittura verticale, quella di Berardino Totaro, oggettiva, onirica, realizzata con un cromatismo sobrio eppure coinvolgente. Sono spesso variazioni sul tema, ma non si riscontrano mere ripetizioni: ogni dipinto, infatti, rivela un proprio linguaggio, e diversi sono le atmosfere, le suggestioni, i sentimenti.
Si può dire che questa pittura riassuma gran parte della ricerca pittorica del Novecento a partire dal cubismo, per approdare, attraverso un simbolismo essenziale e scarno, a temi e soluzioni di intonazione metafisica.
I simboli – la bicicletta abbandonata, il filo teso, l’albero e l’ombra, il volo – oscillano tra riflessione e denuncia. Ne esplicitano il significato la caduta della dignità umana dentro il crollo delle Twin towers; la scarsa attenzione alla salvaguardia del paesaggio, sempre più irto e muto; e le pale dei mulini a vento poste sulle facciate delle case: simbolo delle “croci” eoliche che deturpano il profilo del nostro paesaggio.
I quadri di Totaro – come egli ama definirli – sono “giochi nel vento”: sinonimo di desideri e di capricci, ma anche serio motivo di riflessione. La indicazione di un itinerario che possa concedere all’uomo di cogliere ancora nello specchio del nostro cielo messaggi di aquiloni; di legare le nostre case con il filo dell’amicizia e della solidarietà; di vedere, infine, sventolare davanti ai nostri usci il vessillo che ci qualifica come depositari di un mondo che abbiamo il dovere di difendere e di custodire.
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